..MA GLI INQUISITORI SOGNANO DEMONI ELETTRICI?
Intro (1388 )
L'uomo
anziano, avvolto in una veste così logora a stracciata che non se ne
distingueva il colore, entrò nel pentacolo, tracciato con il sangue, e si
preparò per l'invocazione. Vecchi in folio a pergamene rosicchiate dai topi,
erano sparpagliati sul pavimento di cotto.
"Eh, eh,"
borbottò, fra i denti, "hai finito di darmi la caccia e di braccarmi come
un animale... Una volta che avrò terminato l'incantesimo nemmeno tu, maledetto
Eymerich, riuscirai a trovarmi, e sarò finalmente signore del tempo a dello
spazio!"
Pulendosi la saliva
dal mento, si rannicchiò al centro del pentacolo, a cominciò a salmodiare una
nenia incomprensibile. Dopo pochi minuti, la vecchia porta di quercia esplose
sotto l'urto di una mazza ferrata. Il vecchio impallidì.
"Tu!"
gridò.
"Io, Ramon!"
ghignò Eymerich, mentre il soldato si scostava per permettergli di passare, "Vedo
con piacere che stai praticando le tue arti blasfeme! "
"Dannato
assassino!" urlò il vecchio, cercando di saltargli alla gola, "C'ero
quasi riuscito… ma avrò la mia vendetta!"
Purtroppo, data l'età
molto avanzata, scivolò con un tonfo sul pavimento. Eymerich lo colpì sulle
costole con il bastone, barcollando.
"Guardie,"
disse, "Portatelo via. Quest'uomo brucerà prima di sera."
I
I
Il frate
strisciò rapidamente la sua tessera magnetica di identificazione nel lettore
ottico. Con voce suadente, che lui stesso aveva programmato sull'esatto timbro
vocale di Santa Teresa d'Avila, ricostruito perfettamente dai ricercatori
vaticani dalle reliquie della santa, il computer di bordo gli chiese di
sottoporsi al controllo dell' iride.
"E dai, Teresa!"
sbuffò, "Non vedo nessun altro in circolazione da queste parti!"
"Scusami,"
mormorò il computer, mellifluo, "ma è la procedura standard."
L'uomo accostò la
pupilla al rilevatore e finalmente, con un rumore metallico, il cui eco
riecheggiò nei corridoi deserti, la pesante porta di acciaio si spalancò.
"Adesso
puoi andare," disse la voce.
"Grazie,
Teresa." disse il domenicano addentrandosi nello stretto cunicolo,
illuminato solo dalle luci di sicurezza. Ogni volta che entrava in quella zona,
gli venivano i brividi. La temperatura era intorno ai cinque gradi, ed il frate
si strinse nel saio, per proteggersi dal freddo. L'astronave Giovanni XXIV
viaggiava nello spazio da diversi mesi. Almeno per lui, erano stati mesi di
noia profonda, appena alleviata dalla sua rilettura di Tertulliano, di cui però
disapprovava l'adesione al Montanismo. Giunto ad un incrocio, imboccò con
decisione il corridoio di destra e, dopo pochi metri, si trovò la strada
sbarrata da un robusto portello. Oltre quel punto non era mai arrivato, ma
sembrava che fosse giunto il momento.
"Teresa,"
disse, "Apri il portello, per favore."
"Come vuoi tu,
caro," disse la voce con tono malizioso, "Sai che farei qualsiasi
cosa per te."
Quell'inflessione lo
turbava, e gli faceva tornare in mente la sensuale estasi del Bernini. Con uno
sforzo, cercò di scacciare quell'immagine dalla sua mente. Anche il computer di
bordo, per motivi mai del tutto accertati dai programmatori, entrava in Estasi,
evento che si verificava con frequenza random e, per fortuna, non troppo di
frequente. In quei momenti a Teresa affluivano misteriosi segnali, che i
decrittatori del Vaticano cercavano di decifrare, sulla Terra. Fino ad ora,
senza alcun esito. Il domenicano considerò per un attimo la possibilità che
quei codici incomprensibili potessero essere inviati da un'entità superiore,
poi accantonò l'idea, scuotendo la testa. Con il passare degli anni, era
diventato più realistico. Si immerse oltre il portello e, dopo pochi passi, si
ritrovò in un'area circolare, relativamente ampia. Immerso in un cilindro
trasparente, pieno di un liquido simile all'amnio, integrato con sostanze
ipernutritive a stabilizzatori molecolari, galleggiava un uomo nudo, alto e
magro, collegato al computer principale da una coppia di tubi flessibili, che
si biforcavano parallelamente dal torace scavato. Il frate to squadrò, con una
certa inquieta curiosità. Si diresse verso un piccolo terminale, che emergeva
come un fungo dalla parete metallica, a digitò la password di accesso. Apparve
una schermata di file cifrati.
"Cosa
stai facendo, Padre Molins? " domandò il computer.
"Sto consultando
i dati del soggetto, Teresa." rispose il frate, con una nota di divertimento.
Quando Teresa si rìvolgeva a lui m modo così formale, voleva dire che era
irritata.
"Non ti piaccio
più?" disse il computer, con petulanza,"Non dirmi che mi preferisci
quello squallido IBM? "
"No,
certo." rispose Padre Molins, ridacchiando tra sé, "vuoi darmi tu le
informazioni che mi servono?"
"Certamente,"
disse Teresa. "L'uomo che vedi è Nicolas Eymerich, un Inquisitore del tuo
ordine, vissuto sulla terra quindici secoli fa. Nel XX secolo, uno scrittore
italiano ne fece il protagonista di una fortunata serie di romanzi e, dopo
lunghe ricerche, rintracciò la sua tomba: i suoi resti mortali furono traslati
in Vaticano e, dal suo DNA, nel XXV secolo fu possibile crearne un clone
perfetto."
"Un
inquisitore?" domandò il frate, perplesso, " E che cosa ce ne
facciamo?"
"Questo non sarei
autorizzata a rivelartelo," rispose Teresa, "ma per te farò
un'eccezione. Si dice che tra i coloni di Phobos che, come già sai, è la nostra
meta, prosperino strani culti, violentemente contrari all'ortodossia.”
"E allora?"
disse il frate, lanciando occhiate dubbiose all'uomo immerso nel cilindro.
"E allora,"
continuò il computer, con tono pedante, "Noi dobbiamo recarci laggiù, e
verificare la notizia. Perché credi che abbiamo sei Templari Spaziali in animazione
sospesa, nei containers’"
Il domenicano
aggrottò la fronte. Papa Giovanni Paolo IV aveva ripristinato l'Ordine Templare,
una cinquantina d'anni prima: erano spietati monaci‑guerrieri, addestrati per
le missioni spaziali, ed ognuno di loro era in grado di tenere testa ad un
numero dieci volte superiore di Marines degli Stati Uniti Confederati.
"Non sapevo che
li avessimo a bordo," commentò, " In genere vengono usati per
convertire gli alieni."
"Mio caro, solo
io conosco tutti i particolari di questa missione," disse Teresa, con un
certo orgoglio," Abbiamo una pattuglia d'assalto del battaglione Jacques De Molay! "
Il
domenicano avvertì un brivido freddo lungo la schiena.
"Ma il Jacques
De Molay è una delle unità più
spietate!" esclamò, "Non capisco."
"Non c'è niente
da capire, Padre," disse il computer. "La loro missione è sempre la
stessa: convertire, oppure, se questo non è possibile, distruggere."
Padre Molins si
accostò al cilindro a ne toccò la fredda superficie. "Va bene,"
disse. "Inizia la procedura di rianimazione."
II
Padre Molins
osservò il corpo nudo, disteso sul tavolo operatorio. "Tra quanto si
risveglierà?", domandò.
"Ancora
sei minuti," rispose Teresa.
Il frate si avvicinò
al corpo dell' inquisilore, e lo esaminò più accuratamente: la pelle era tesa,
sugli zigomi, a la fronte era solcata da rughe profonde, mentre le labbra
sottili erano increspate in quello che poteva essere scambiato per un sorriso.
Il respiro sembrava regolare, ed anche la temperatura corporea stava lentamente
risalendo. Mentre lo scrutava, Padre Molins sobbalzò.
"Teresa," disse, preoccupato,
"Cos'è questa cicatrice in corrispondenza dei lobi temporali?"
"Ne ha anche
altre," rispose il computer, seccato, "Il processo di clonazione
umana è stato integrato con alcuni innesti hardware."
"Che tipo di
innesti?" chiese il domenicano.
"Ha un hard‑disk
da 100 Gigabyte, con tutti gli aggiornamenti e le conoscenze necessarie per non
subire uno choc culturale, al risveglio. Inoltre ha una banca dati per tutto
quanto riguarda la sua professione: ha in memoria il Malleus Maleficarum, il
Repertorium Inquisitorum, Bernardo Gui, Nicolas Remy, e, naturalmente, il
suo Directorium Inquisitorum.”
Padre
Molins sgranò gli occhi.
"Mica
male." commentò, "C'è altro che dovrei sapere?"
"Sì," disse
Teresa, "Non dimenticare di...Ooohhhh..."
Il frate alzò gli
occhi verso gli schermi di controllo, agitato. Questo non ci voleva.Teresa era entrata
in Estasi, nonostante i circuiti inibitori, e la durata di questo stato alterato
era imprevedibile. Tra l'altro, si disattivavano quasi tutte le principali
funzioni dell'astronave.
"Aaahhh..."
mugolò il computer, "Veggo Dio sedere in una navicella magna et ampla, ed
essa nave sta navigando nel mare del sangue del Verbo..."
Padre Molins imprecò
ed andò al piccolo IBM, per consultare la scheda biografica dell'inquisitore. A
suo parere, si disse, una volta terminata la lettura, un grandissimo figlio di
puttana. Stava interrogandosi sul da farsi, quando un rumore alle sue spalle lo
riscosse dai suoi pensieri.
"Cos'è
questa lagna?" chiese una voce, in tono brusco.
Il domenicano si
voltò di scatto, a si trovò di fronte Eymerich, seduto sul tavolo operatorio, che
lo fissava con diffidenza.
"Oh,
salve," balbettò, imbarazzatissimo, "lieto di vedervi, Padre
Eymerich. Come vi sentite?"
"Chiamatemi pure
Magister," rispose Eymerich."Vedo dal vostro abito che siete un mio
confratello. Dove ci troviamo?"
"Ehmm... so che
per voi sarà difficile da credere ma... ecco, ci troviamo nello spazio, a bordo
dell'astronave Giovanni XXIV," disse Padre Molins.
"Non abbiate
timore," disse Eymerich, "So cos'è un'astronave, anche se non saprei
dirvi come ne sia giunto a conoscenza. Siamo in missione per conto del Santo
Padre?"
"Esattamente,
Magister," disse il frate, rilassandosi. "Siamo diretti verso una
colonia, sul satellite Phobos, dove si mormora che si pratichino culti
blasfemi."
"Eretici!"
sbuffò Eymerich, "Sono sempre gli stessi, cambiano solo i loro nomi e le
loro stolte superstizioni! "
"Ehmm… certo, Padre
Eymerich," rispose Molins,"Ma, vedete, per ora sono solo supposizioni
e..."
"El costato
nutriva, e l'anima si trasformava nel sangue…" ululò il computer di bordo,
sovrastando le parole del domenicano, "..non pensava altro che di sangue,
non parlava e non poteva pensare se non di sangue..."
Eymerich
sospirò.
"Chi è
questa donnetta isterica?" domandò.
"Magister, è il
computer di bordo," rispose Molins, "lui, o meglio, lei, ha assunto
la personalità di Santa Teresa d'Avila, ed ogni tanto ha delle estasi
mistiche."
"Non sforzatevi
troppo per convincermi," disse Eymerich, seccamente, "Non credo nelle
estasi di queste presunte mistiche. Sentite?"
"Pectus meum in
pectore tuo, Dilecte mi..." gemeva Teresa, mentre sugli schermi di controllo
scorreva una sequenza di cifre a numeri a velocità elevatissima, "Venter
meus in ventre tuo..."
"Oscenità e
disgustosa sensualità," sottolineò Eymerich, "Queste povere donne
sono ingannate dal demonio."
"Forse avete
ragione," disse Molins, che dubitava dell'esistenza di una tale entità.
"Ad ogni modo dovremmo avvistare il pianeta tra qualche ora."
"Raccontatemi
tutto," disse Eymerich, "E portatemi un saio, che possa
rivestirmi."
Rock around che clock (1)
Nella sala
controllo di Castelgandolfo, la mappa tridimensionale galattica ruotava
pigramente su sé stessa: le maggiori astronavi della flotta vaticana erano
identificate da puntini rossi a luce intermittente, che pulsavano nella
penombra con ipnotica regolarità.
"Ehi!"esclamò
uno dei tecnici, sbuffando fuori una nuvola di fumo "Ehi,Saverio, guarda
laggiù!"
Un altro tecnico,un
ragazzo quasi adolescente che indossava una maglietta con su scritto Elvis is dead, lo ignorò, continuando a
smanettare con il mouse.
"Non rompere,"
sibilò, "Questo maledetto Windows Jubilee 3.0 mi ha impallato il computer.
Se riesco a beccare quello stronzo di Bill Gates Jr, giuro che lo strangolo con
le mie mani.”
"E dai," insistette
l'altro, "Piantala di cazzeggiare. Oh, cavolo, non è possibile!"
Saverio ruotò sulla poltrona girevole, ed osservò la mappa.
" Ma
dove?" disse, "Non vedo niente."
"Nel settore F6,
quadrante Agostiniano," rispose l’altro,"Non posso crederci. Ma che
fa il computer di bordo?"
Saverio si
alzò, e si avvicinò al quadrante.
"Continuo
a non vedere niente di strano...Oh, cazzo! " disse, " Che astronave è?"
"La Giovanni
XXIV," rispose il tecnico, schiacciando la cicca nel portacenere,"in
missione verso la colonia di Phobos."
"Si sta
avvicinando ad un buco nero," gemette Saverio, "verrà risucchiata
come una lattina di birra in un tritarifiuti. Secondo te quanto tempo gli resta?"
Il tecnico
si avvicinò alla postazione principale.
"Non più di
venti minuti," disse. "Aspetta, provo a mettermi in contatto con il
computer principale."
Frettolosamente,
digitò una sequenza di codici sulla tastiera. Il monitor si riempi di una serie
di cifre a numeri lampeggianti.
"Dannazione," imprecò, "c'è una fortissima onda magnetica
di disturbo. Il computer sta ricevendo impulsi provenienti da milioni di anni
luce di distanza, e il sistema è cieco, sordo e muto."
Saverio si
grattò la testa, pensieroso.
“Quante possibilità
ci sono che avvenga una cosa del genere?” domandò.
"Una su 3.458.795.000,
secondo il manuale," rispose il tecnico, continuando ad immettere codici.
"Che
cosa succederà?" disse Saverio, sconfortato.
"Non mi risulta che
nessuna astronave sia mai entrata in un buco nero," replicò il tecnico. "Cosa
succederà? Non lo so,non sono un fisico. Probabilmente verranno polverizzati e
sparpagliati per tutta la galassia."
"Vado
a cercare il Dottor Messori," annunciò Saverio, uscendo dalla sala.
Parentesi (1)
L'astronave
carambolò come una palla da biliardo ma, grazie agli stabilizzatori
gravitazionali, né Padre Molins, né Eymerich, né tantomeno il computer di
bordo, si accorsero di niente. Ma i tecnici si erano sbagliati: non si trattava
di un buco nero, ma di un'alterazione nel continuum spazio‑temporale, aperta molti
secoli prima, nel XIV secolo, da un oscuro negromante. La forza dell'invocazione
che aveva aperto il passaggio stava però esaurendosi, e la Giovanni XXIV fu
semplicemente trasportata, in un millesimo di secondo, in un differente punto
dello spazio, esattamente nei pressi del monastero orbitante “Ignazio di Loyola”,
ed in prossimità del pianeta Terra.
III
L'uomo, sdraiato
nella cuccetta, sentì gradualmente tornare la sensibilità agli arti inferiori.
Ogni singola parte del suo corpo gli inviava fitte dolorose al cervello: era
come essere trafitti contemporaneamente da migliaia di piccoli aghi. Cercò di alzarsi,
ma uno spasmo ai reni lo convinse a rimandare.
"Ehi,
Brantome!" strillò una voce sgradevole, "Sei la solita pappamolla!"
L'uomo voltò la
testa, e lanciò un'occhiataccia alla sua sinistra, dove un uomo robusto, con
una folta barba, si stava allacciando la mimetica spaziale, su cui spiccava una
croce rossa in campo bianco.
"Fatti fottere,
Pascal," disse di rimando,"Siamo già arrivati su Phobos?"
L'altro fece un rutto
ispirato.
"Sennò non ci saremmo
svegliati, non ti sembra?" rispose.
Brantome gli mostrò
il dito medio.
Nel frattempo, anche
gli altri Templari stavano tornando coscienti, in un coro assortito di lamenti
ed imprecazioni. Pascal li allineò contro una parete, e li guardò con palese
ripugnanza.
"A parte
Brantome,"disse, indicando l'uomo ancora sdraiato, "Voi altri siete
solo delle reclute."
Uno dei quattro Templari,
un ragazzo giovanissimo, fece un passo avanti. "Siamo Templari Spaziali,
signore," disse.
"Sei pronto a
convertire gli alieni?"gli urlò in faccia il capitano, spruzzandolo di
saliva, "Nel nome del Signore?"
"Sissignore!" urlò la recluta, scattando sull'attenti.
"E se rifiutano,
o se non capiscono quello che dici," continuò il capitano, "Sei
pronto a farli a pezzi, piccolo finocchio?"
"Sissignore,
sono pronto!" si sgolò il ragazzo, "ma non sono un piccolo finocchio,
signore!"
Pascal lo
afferrò per la trachea, soffocandolo, a lo alzò di peso dal pavimento.
"Se io dico che
sei un piccolo finocchio," gridò,"vuol dire che lo sei, capito?"
Brantome si alzò e
gli appoggiò una mano sulla spalla."Piantala con le cazzate, Pascal,"
disse. "Abbiamo del lavoro da fare."
"Hai
ragione," ammise il capitano, lasciando andare il ragazzo. "Stavolta
non si tratta di convertire gli alieni. Dobbiamo eliminare un frate domenicano
a sabotare il computer di bordo. Un lavoretto facile facile."
Brantome
finì di allacciarsi gli anfibi."Quanto pagano quelli di Phobos?" chiese.
"Un milione di
crediti. Non vogliono che si ficchi il naso nei loro affari, sai com'è.
L'astronave risulterà ufficialmente dispersa."
"Una bella
cifra," disse Brantome, controllando il fucile. Il capitano apri il
boccaporto.
"Quanto basta, "disse Pascal, "per lasciare quest'ordine
di disperati."
Parentesi (2)
Manuel de
Tàrrega, Primo Eresiarca di Phobos, resettò il pentacolo di LED luminosi, si
sganciò il visore Sony, e si massaggiò vigorosamente le guance, dove le cinghie
avevano segnato la carne in profondità.
"Finalmente," sospirò, "dopo tutti questi secoli."
La donna, snella a
dagli zigomi alti, si stiracchiò pigramente tra le coperte. "Dai,
Manuel," disse, "ancora con questa vecchia storia di
famiglia..."
L'uomo
scaraventò il visore sul pavimento, con uno scatto d' ira.
"Tu non ti rendi
conto," disse duramente, "Ramon è stato torturato per ore, ed era
solo un povero vecchio senza denti, e come lui centinaia di altri. Quel cane
gli ha fatto spezzare ogni singolo osso, prima di farlo bruciare vivo, e sono
sicuro che, se avesse avuto l'opportunità di arrivare fin qui, avrebbe fatto lo
stesso con me."
La donna
gli diede un bacio sul collo.
“Calmati, adesso,” disse.
”Ma come facevi a sapere che si trovava sull’astronave?”
"Ho i miei
informatori," disse Manuel, rilassandosi contro il cuscino, "per
fortuna i manoscritti e gli appunti di Ramon sfuggirono all'Inquisizione, e
sono stati conservati dalla mia famiglia per generazioni, anche se neanch'io
avrei avuto l'abilità a la potenza necessarie per tenere aperto il varco così a
lungo."
"Come sapevi che
la rotta della Giovanni XXIV sarebbe passata così vicina al continuum?"
domandò la donna, accarezzandolo.
"Ho inserito un
programma pirata di correzione di rotta nel computer principale," disse
Manuel, compiaciuto, "e, per una strana coincidenza, il computer era fuori
uso, quando si è verificato il passaggio."
"E
adesso? " domandò la donna.
"Adesso," sentenziò Manuel, "abbiamo
un altro po' di tempo. Ho della gente a bordo, che finirà di risolvere il
problema."
IV
Padre Molins
scosse rudemente Eymerich, che stava seduto davanti agli schermi di controllo,
con lo sguardo perso nel vuoto.
"Magister!" esclamò, "Vi sentite male?"
Le pupille di
Eymerich si dilatarono improvvisamente, poi fu come se un velo opaco venisse
sollevato, e riacquistarono un aspetto normale.
"Come
osate toccarmi?" disse, tornando in sé.
"Scusate, Magister..."
disse Molins, arretrando, "avevate lo sguardo assente, e pensavo ci fosse
qualcosa che non andava..."
"Stavo
ricordando," disse Eymerich. "Mi è tomato in mente un mio vecchio
nemico, che bruciai sul rogo molti secoli fa. Solo che non capisco come mai,
proprio adesso..."
"SORPRESA!"
annunciò Teresa, con voce squillante, "Grazie alla benevolenza del
Signore, siamo finalmente arrivati. Ci troviamo in orbita intorno a
Phobos."
I due
domenicani si precipitarono agli oblò.
"Mi sembra un
pianeta molto grosso," disse Padre Molins. "Sei sicura che si tratti
di Phobos?"
"Così dicono i
miei strumenti," disse il computer, "anche se, a dire il vero, devo
ancora riprendermi dall'Estasi di poco fa. Era così...così..."
"Ma piantala!"
disse Eymerich, contrariato, "le tue cosiddette estasi puzzano di
stregoneria. Se tu non fossi una macchina, ti avrei già processato!"
"Teresa non è
una macchina," lo corresse Padre Molins, "ha sviluppato una propria
coscienza ed un io individuale."
"Lo
immagino," disse Eymerich, ironico. "Allora, siamo arrivati o no?"
"A me sembra che
assomigli parecchio alla Terra," disse il frate, risentito, "anche se
non l'ho mai vista dal vero. Sono nato sul monastero orbitante intorno ad Alpha
Centauri, e quindi..."
"E'
Phobos," lo interruppe Teresa, offesa. "La rotta è quella giusta, e
non mi risultano deviazioni dal piano di volo. O vuoi mettere in dubbio le mie
affermazioni?"
"Non
mi permetterei," disse Padre Molins.
"Come
ci arriviamo? " domandò Eymerich, impaziente.
"C'è una navetta
che ci consentirà l'atterraggio," disse Molins. "A proposito, Teresa,
e i Templari Spaziali?"
In quell' istante, il
portello si spalancò a Pascal a Brantome, alla testa delle reclute, irruppero nella
sala con le armi spianate, al grido di "Onore a Jacques De Molay!”.
"Ottimo,"
disse Pascal, tenendoli sotto tiro, "abbiamo qui due bravi domenicani.
Potete tornare in convento a dedicarvi alle vostre orazioni. Prendiamo noi il
comando della nave."
Eymerich guardò Padre
Molins, confuso. "Chi sono questi animali?" sibilò.
"Sono Templari
Spaziali, Magister..." balbettò il frate, "Dovrebbero essere qui per
la nostra sicurezza...non capisco..."
Eymerich fece un passo
avanti verso il capitano, e lo fissò duramente negli occhi. "Templari?"
disse. "Ma non li avevamo bruciati tutti?"
"L'ordine è
stato ripristinato, caro il mio fraticello," grugnì Pascal, accarezzando
il grilletto del suo fucile.
Il grosso Templare
sovrastava Eymerich in mole a in altezza, ma stentava a sorreggerne lo sguardo.
"A me
risulta," disse Eymerich, malignamente,"che i Templari fossero sudici
eretici e sodomiti."
Il capitano divenne
paonazzo per la rabbia, mentre Brantome e le reclute, ancora ammassate nello
stretto corridoio alle sue spalle, lo incitavano con grida e ululati.
Pascal
arricciò le labbra in una smorfia feroce.
"I
domenicani," disse, "non mi sono mai piaciuti."
Con un rapido
movimento, attivò un dispositivo che portava applicato alla fibbia del
cinturone.
"Eccoti
un assaggino, prete!" urlò, facendo un passo indietro.
Un ologramma di
sintesi di un essere mostruoso, somigliante ai gargoyle delle cattedrali, si
materializzò accanto al capitano e, schiumando bava, si avventò su Eymerich.
L'inquisitore, fulmineo, schivò di stretta misura una zampata della creatura e
saltò dietro al tavolo operatorio, proiettandolo con violenza contro lo stomaco
del templare che, investito in pieno, cadde a terra con un tonfo sonoro. Le
reclute fischiarono, stupefatte.
Mentre Eymerich
evitava un altro affondo della creatura, Padre Molins si rannicchiò dietro il
cilindro.
"Teresa..."
bisbigliò a bassa voce, mentre una fucilata di Brantome polverizzava un armadio
pieno di provette da laboratorio, che proiettarono schegge di vetro per tutta
la stanza, "cosa diavolo è quello?"
"Un
Bafometto," rispose il computer, "normale software d'assalto in
dotazione ai Templari Spaziali. Credo che sia la versione 6.0."
Il Bafometto, come
una scimmia malefica, si arrampicò sul cilindro che aveva contenuto il corpo di
Eymerich, ringhiò e, snudando le zanne, si preparò a saltare sull' Inquisitore.
Eymerich fece un ampio gesto circolare con le mani.
"Questa creatura
puzza in modo abominevole!" ruggì. "Esorcismo di primo livello con
Virus Destrutturante!"
L'essere saltò, con
un potente guizzo dei muscoli posteriori delle cosce, ma s'immobilizzò a metà
della parabola. Una fiamma verdognola, sulla cui superficie scorrevano
minuscole parole in latino, avvolse il Bafometto come una rete da pesca, e lo
ricoprì come una lebbra.
"Non è
possibile…" mormorò Pascal, ancora disteso sul pavimento. Gli altri Templari
erano immobili, la bocca spalancata. L' essere urlò, con una vibrazione acutissima
che fece sanguinare i timpani a tutti i presenti. Due reclute si accasciarono a
terra, prive di sensi.
Eymerich
sorrise.
"Io ti esorcizzo,
scimmia di Dio!" urlò, "nel nome di Colui che mise in fuga i sette
demoni da Maria di Magdala, nel nome di Colui che distrusse i regni della morte
e sottrasse al tuo potere i suoi eletti! Torna nell'inferno da dove sei venuto!"
Il Bafometto, che
sembrava cristallizzato, esplose, schizzando le pareti di una poltiglia
protoplasmatica sanguinolenta a maleodorante. Il capitano fissò Eymerich, con
odio e terrore.
"Ma
voi chi siete?" disse, con un filo di voce.
"Sono Nicolas
Eymerich," rispose il domenicano. "E, in quanto demonolatri, vi
dichiaro tutti colpevoli di eresia. Volete abiurare a conformarvi ai voti della
chiesa?"
Brantome puntò il
fucile. "Crepa, prete," mormorò, premendo il grilletto.
La pallottola
rinforzata rimbalzò sul torace di Eymerich, e disintegrò il piccolo IBM. Padre
Molins si mise al fianco di Eymerich.
"Com'è
possibile?" borbottò.
"Inserti al titanio
di quarta generazione," intervenne Teresa, "molto resistenti."
Brantome fissava
stupidamente la canna del suo fucile.
"Vedo"
dichiarò Eymerich, "che non volete pentirvi. Poiché non volete abbandonare
i vostri errori, noi vi leghiamo al vincolo della scomunica, e..."
Pascal si tirò su con
le braccia protese, come per strangolarlo, ma Padre Molins lo atterrò con un
calcio alla mascella. Un incisivo ruzzolò sul pavimento.
"Peccato,"
disse Eymerich, aprendo le palme delle mani, "lo avete voluto voi. Vampata
dello Spirito Santo!"
Una mezza dozzina di
minuscoli globi di fuoco roteanti raggiunsero i Templari e penetrarono nell'esofago,
attraverso le cavità orali. Poi aumentarono di volume, e carbonizzarono quasi
istantaneamente tutti gli organi interni. In terra, rimasero sei miseri
mucchietti di cenere.
"Padre
Eymerich," disse Molins,"che macello. Perché ci avranno attaccato?"
"Sono stati comprati
dagli uomini di Phobos," disse Eymerich, gravemente. "Ditemi,
esattamente, quale tipo di eresia si professa in quella colonia? "
"Non saprei,
Magister,"rispose Padre Molins, mentre Eymerich spazzava via a calci i
mucchietti di cenere. "Forse Teresa può aiutarci."
"Temo di
no," rispose il computer. "I miei files di informazioni sulla colonia
sono stati contaminati da un virus."
"Forse
potremmo spiare le loro trasmissioni satellitari?" propose Eymerich.
"Buona
idea," convenne Teresa, "vi mando le immagini sul monitor principale."
Apparve l'immagine di
un'annunciatrice televisiva. Eymerich cercò di evitare i pezzi di vetro, sparsi
un po' dappertutto, e si sporse verso lo schermo, per vedere meglio.
V
Dopo sei ore
di visione ininterrotta, Padre Molins aveva dipinta sul viso un'espressione
rammaricata.
"Che
ne pensate, Magister?" domandò.
"C'è solo
l'imbarazzo della scelta," disse Eymerich, gli occhi sfavillanti, "In
queste ore ho individuato dei nicolaiti, moltissimi carpocraziani, tatiniani e
pelagiani, e diversi manichei. E questo limitandomi ai movimenti ereticali di
cui sono a conoscenza."
"Cosa suggerite
di fare? Potremmo atterrare, ma non abbiamo più i Templari Spaziali."
"Non
sarà necessario," disse Eymerich. "Nuclearizziamo."
"Magister..."
disse timidamente Padre Molins, "non vi sembra una soluzione un po'…radicale?"
"Niente
affatto," rispose Eymerich, "ne renderò conto personalmente alla Santa
Sede, quando torneremo sulla Terra. Scomunico questo pianeta, in nomine Domini,
e lo affido al braccio secolare, funzione che, in questo caso, sarà esercitata
dalla vostra macchina parlante. Venite qui, e assolviamoci l'un l'altro."
"Come volete,
Magister," assenti il frate, stringendosi nelle spalle,"se vi assumete
la responsabilità…Teresa, prepara il lancio della testata."
"Oh,
dolce cuore di Gesù!" cinguettò il computer, "comincio subito."
Dopo quindici minuti,
la Giovanni XXIV sganciò una bomba nucleare di profondità, che avrebbe sciolto
la crosta terrestre come fosse burro, e sarebbe esplosa una volta raggiunto il
centro del pianeta.
Rock
around the clock (2)
Saverio era
stanchissimo, dopo otto ore di turno ininterrotto in sala controllo. Sbirciò
l'orologio, e si avvicinò alla mappa tridimensionale. Che strano. L'astronave
scomparsa dal settore F6, poche ore prima, si trovava ora nel quadrante
dell'Aquinate, il medesimo del pianeta Terra. Si stropicciò gli occhi, convinto
di avere un' allucinazione. Si mosse verso sinistra, verso il quadrante
Agostiniano, e vide con stupore che il buco nero non c' era più o, almeno, la
mappa non lo rilevava. Era come se si fosse richiuso improvvisamente, ma lui
sapeva che era impossibile. Mentre si lambiccava il cervello, il Dottor Messori
entrò nella stanza come un pazzo, sventolando un fascio di fogli.
"Saverio!
Saverio!" stava gridando, eccitato. "Ci siamo riusciti! Dobbiamo
avvisare subito il Santo Padre!"
"Si calmi,
Dottore," disse Saverio, che già indovinava ore di straordinari non
richiesti, "cos'è successo?"
"I nostri
decrittatori, Saverio!" disse il Dottore, prossimo alle lacrime. "Il
messaggio su cui lavoriamo da mesi, che arrivava al Santa Teresa d'Avila!
L'abbiamo decifrato!"
Saverio era scosso,
suo malgrado. Tanto scosso, che si dimenticò dell' astronave."Cosa
dice?" domandò, emozionato.
"Cose
bellissime, straordinarie!" disse il Dottore, agitando le braccia. "Un
messaggio di pace e di speranza per tutta l'umanità, che dico, per tutto
l'Universo! Ma ti rendi conto, è la prima prova dell'esistenza di un'entità
superiore! Stiamo parlando di Dio, Saverio!"
" Sì,
ma che dice, esattamente? " disse Saverio, un po' nervoso.
"Non ci
crederai," disse Messori, cercando di riprendere il controllo di sé
stesso, "dice che...che..."
Sfortunatamente,
non riusci a finire la frase.